Periodo di prime comunioni,
questo.
Un avvenimento ed una gioia vedere i ragazzi avvicinarsi per la prima
volta a ricevere il corpo di Gesù Cristo nelle Particole benedette.
Ma è
veramente un avvenimento che è una gioia ?
Due domeniche or sono in Chiesa c’erano
oltre 30 fra ragazzi e ragazze a ricevere per la prima volta il corpo di
Cristo. Una confusione enorme in Chiesa. In un salotto ci si comporta, di
solito, molto meglio ! Chiacchiere, risate, minigonne vertiginose e scollature
ombelicali per le gentili invitate. Io ho pensato che i genitori dei ragazzi
avessero fatto confusione ed avessero dato l’indirizzo della Chiesa al posto di
quello della discoteca dove, secondo loro e gli invitati, si sarebbe svolta la
vera festa, dopo il necessario passaggio dal parroco.
Non ho resistito e sono
andato via.
Mia moglie, che è rimasta in Chiesa, mi ha detto che il sacerdote,
che pure è “molto” tollerante, ha dovuto interrompere 3 volte la funzione sacra
per richiamare i presenti, molti dei quali, sicuramente, non frequentano la Chiesa neanche a Pasqua.
La
domenica successiva i comunicandi erano circa 20 e la funzione, per quanto un
po’ anomala, è andata avanti senza sussulti particolari.
Questa domenica altri
20 ragazzi. La Chiesa
era semivuota e molta gente era all’esterno. Probabilmente il parroco ha
redarguito i genitori di non scambiare Chiesa e ristorante e molti
parcheggiavano nel piazzale in attesa che la messa avesse fine e potesse
iniziare la festa da un'altra parte. Nonostante questo le risate e le
chiacchiere rimbombavano all’interno coprendo anche l’amplificazione del
celebrante. Un corollario ancora più penoso, che è il vero punto su cui vorrei
riflettere con voi, visto che alla situazione descritta ci si stà ormai facendo
il callo, doveva, però, ancora arrivare.
Di norma il parroco, alla recita del
Padre Nostro, con un comportamento che non commento, invita i ragazzi
sull’altare per prendersi per mano e recitare insieme la preghiera. Questa
volta, invece di chiamare tutti i ragazzi presenti, ha invitato sull’altare i
ragazzi che nelle settimane precedenti avevano fatto la prima comunione. Degli
oltre 50 (cinquanta) che avevano ricevuto per la prima volta il corpo di Cristo
nelle due settimane precedenti, i presenti erano soltanto 3 (tre).
Le stesse
catechiste lamentano che dopo la
Cresima i ragazzi non frequentano più la Chiesa ne l’oratorio, ne i
gruppi dei giovani.
L’esperienza descritta ci dice che già dopo la prima
comunione non frequentano più. Forse riprenderanno a frequentare il prossimo
anno per la preparazione alla Cresima che ancora si usa ricevere, dopo di che
addio ed amici (?) come prima. Per una larghissima maggioranza il loro percorso
di Cristiani finisce li ! Sono abbandonati nelle braccia del mondo e del
consumismo che i media ammanniscono ossessivamente minuto per minuto. A curarsi
il corpo (in palestra, dall’estetista, ecc.), l’immagine (indispensabili i capi
firmati, l’ultimo I Phone, ecc.) e dimenticando completamente l’anima.
Nelle
difficoltà che la vita ci riserva, e per le quali siamo completamente
impreparati, ci sarà Gesù da usare come un bancomat : inserisco la preghierina
che forse mi ricordo ancora ed ottengo la grazia. Se non l’ottengo è la dimostrazione
che Dio non esiste.
Quante anime si perdono per una formazione mal fatta o mal
ricevuta ?
Quanti ragazzi si smarriscono nel mondo per non aver trovato
qualcuno che gli abbia indicato la retta via ?
Mi chiedevo, visto il
comportamento che prima ho descritto, perché tante famiglie (quasi tutte),
mandano i propri ragazzi a catechismo e perché tanti ragazzi (quasi tutti), ci
vanno. La mia risposta, sconfortante, è : perché si usa !
Nonostante tutto “si
usa” ancora.
Essere battezzati, fare la prima comunione e la cresima è,
nonostante tutto, ancora una cosa normale. Non farlo “sembra male” come direbbe
De Filippo e davanti al “se no sembra male” anche l’autodeterminazione dei
popoli impallidisce, ma non è comunque sufficiente per avvicinare l’Uomo a Dio.
Per la prossima generazione sarà ancora così ?
Sicuramente no, se nessuno
insegna ai ragazzi ad amare se stessi e ad amare Gesù.
L’attenzione da prestare ai
catechisti, quindi, è fondamentale ed insostituibile.
<<I giovani hanno bisogno di
autentici maestri; persone aperte alla verità totale nei differenti rami del
sapere …….. persone convinte, soprattutto, della capacità umana di avanzare nel
cammino verso la verità. La gioventù è tempo privilegiato per la ricerca e
l’incontro con la verità. Come già disse Platone (428 – 348 a .C.) “ Cerca la verità
mentre sei giovane, perché se non lo farai, poi ti scapperà dalle mani”>>
(1).
La verità si può insegnare solo insegnando a ricercarla ed a gustare il
piacere di trovarla.
C’è bisogno di tanto amore, ma anche di determinazione ed
intelligenza nel comprendere ed accompagnare le giovani vite che vengono
affidate agli educatori ed ai catechisti.
<<Non c’è l’intelligenza e poi
l’amore: ci sono l’amore ricco di intelligenza e l’intelligenza piena di amore>>
(2).
<<Non
dobbiamo attirare gli studenti a noi stessi, bensì indirizzarli verso quella
verità che tutti cerchiamo. In tale compito vi aiuterà il Signore, che vi
chiede di essere semplici ed efficaci come il sale, come la lampada che fa luce
senza fare rumore>> (3).
Mi viene in mente il discorso
stereotipato, ma duro e realistico, che nel crudo linguaggio militaresco il
sergente del film “ufficiale e gentiluomo” fa alle nuove reclute, fra cui
spicca Richard Gere : “Io conto di perdere la metà di voi prima di
aver finito il corso. Userò qualunque mezzo leale o sleale per ostacolarvi, per
mettere in luce le vostre debolezze come potenziali aviatori e come esseri
umani. Sono stato chiaro ? Se resisterete, il premio è un brevetto di pilota
che vale un milione di dollari, ma prima dovete passare sotto di me” .
Certo non stiamo parlando di carriera militare, ma di risveglio delle
coscienze, di apertura alla vita. Di consapevolezza dei nostri limiti di
educatori come delle chimere dell’universo consumistico nel quale sono immersi
i nostri figli, prima ancora che noi stessi.
Ma se Papa Benedetto puntava tanto
sulla formazione dei giovani, come sulla formazione dei sacerdoti per le
omelie, che è l’altro punto dolente, è proprio perché non si può amare e tanto
meno onorare e glorificare qualcuno, in questo caso Gesù Cristo, che non si
conosce o si conosce per “sentito dire”.
Oggi, purtroppo la “religione fai da
te” mutuata dall’eresia luterana, è quasi la norma.
Su Radio Maria ascoltavo
padre Cavicchioli parlare del dogma nella Santa Chiesa. Dopo la lezione, in una
telefonata in diretta, un catechista poneva la domanda sul dogma della
verginità di Maria, visto che, semplifico il concetto, molti ragazzi gli
dicevano esplicitamente di non credere che una vergine possa partorire un
bambino.
Un malinteso senso di misericordia porta molti all’atteggiamento
protestante che predica la salvezza nel rapporto diretto con il dio personale
che riusciamo a costruirci a nostro uso e consumo, per non dire a nostra
immagine e somiglianza. Ad auto-assolverci in continuazione constatando le
poche decine di confessioni settimanali a fronte delle migliaia di persone che,
almeno di domenica, si accostano alla Santa comunione.
Ecco.
Se non siamo in
grado di amare tanto i nostri ragazzi da fargli incontrare Gesù, farli
accompagnare da Lui, che lo sentano al loro fianco, avremo fallito il nostro
compito di educatori e di catechisti.
Se non siamo in grado di presentargli
l’amore di Dio in contrapposizione all’effimero ed al consumismo sfrenato che
tutto avvolge, avremo fallito il nostro compito.
Molte volte si sbaglia per troppo
amore, scadendo nella condiscendenza che evita i problemi. Se non siamo in
grado di “mettere in conto di perdere metà di loro prima di aver finito il corso”
pur mettendoci il massimo impegno ed amore nel farli avvicinare a Cristo
avremo fallito il nostro compito.
Se anche, come il sergente militarista, ne
perdessimo la metà, e sarebbe già un risultato eccezionale rispetto al 95 % di
adesso, i ragazzi che rimangono nell’amore di Cristo saranno di esempio per i
loro amici allontanati ed anche per i loro stessi genitori.
Se non riusciamo a
sfruttare il percorso catechistico per farli innamorare di Gesù, limitandoci a
raccontargli di Betlemme, della grotta, del bue e dell’asinello per concludere
con la morte in croce a causa di Giuda traditore (che fa tanto tenerezza da un
lato e film horror dall’altro) per poi farli correre ai videogiochi, alla TV,
alla playstation o a scazzottarsi per dimostrare chi è più macho o chi è più
bella, non avremo fatto nulla del compito di educatori che i catechisti
dovrebbero avere.
Se non riusciamo a sfruttare il percorso catechistico per
rievangelizzare le loro famiglie che oggi, fra nuove povertà materiali e
spirituali, chimere consumistiche, mancanza di lavoro e di presenza dello Stato
per non parlare della sfiducia e della mancanza di prospettive per il futuro,
avremo perso occasioni preziose, forse le ultime, per riavvicinarli a Cristo ed
offrirgli un modello di vita, di bellezza e di futuro in compagnia di qualcuno
che ci è sempre vicino e vuole solo aiutarci.
Tutti, o meglio tutti i fedeli,
incontrano la Verità
quando scoprono che non è una scienza o uno scritto, ma una persona : Gesù
Cristo.
Tutti siamo portati, come i discepoli nella trasfigurazione, ad essere
mentalmente pronti a preparare le tende per il banchetto celeste in compagnia,
oltre che di Gesù, anche di Mosè ed Elia, evitandoci però la passione, il Calvario e
la croce sul Gòlgota, cioè i patimenti senza i quali non c’è vera Resurrezione.
La formazione deve essere ai primi posti, se non al primo assoluto, nelle priorità
della nuova evangelizzazione.
Deve essere amorevole e dura per poter arrivare
ai cuori dei giovani e dei loro genitori, perché <<Quando lo sguardo della
fede è limpido ed autentico, la bellezza si pone al suo servizio ed è capace di
raffigurare i misteri della nostra salvezza fino a commuoverci profondamente ed
a trasformare il nostro cuore>> (4).
(1) – (3) -
(4) Benedetto XVI – Incontro con giovani
docenti universitari nella Basilica di San Lorenzo de El Escorial del
19.08.2011
(2) – Benedetto XVI – Caritas in veritate - 30
(2) – Benedetto XVI – Caritas in veritate - 30

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