sabato 11 marzo 2017

800 ANGELI e LA GRANDE CARESTIA IRLANDESE


Lapide in ricordo dei morti della Grande Carestia irlandese
La bufala degli 800 corpicini ritrovati in un ex orfanotrofio cattolico irlandese di Tuam ha fatto il giro del mondo, ripresa da tutti i giornali e telegiornali. 
La rettifica e
 le scuse per aver pubblicato una bufala che più bufala non si può, sono state trasmesse solo da qualche emittente e nessun telegiornale ne ha parlato. Per gli approfondimenti o, molto più semplicemente, per accostarsi alla verità si può solo controllare in uno qualsiasi dei siti cattolici seri del web: TEMPI (vedi qui), CAMPARI & DEMAISTRE (vedi qui), INTELLOGONEWS (vedi qui), NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA (vedi qui)
Se qualcuno si fosse perso la versione “originale” (tenendo anche conto che in questo caso non vale il detto che “una notizia inventata è una notizia in esclusiva”), ci limitiamo a segnalare il Corrierone : (vedi qui)
Visto che il corrierone nazionale apre il servizio proprio ricordando “l’omertà che ha circondato per decenni la Chiesa Cattolica”, non è male inquadrare bene il periodo storico. Non per comprendere le cause dell’omertà del corriere della sera, quella è palese ed insondabile nello stesso tempo, ma per comprendere le cause della miseria indotta nella intera Irlanda e riportare alla memoria quanto è stato ed è tuttora taciuto: Il genocidio degli irlandesi ad opera degli inglesi.
Quella che viene chiamata “La grande carestia”, in inglese "Great Famine", in irlandese “An Gorta Mòr”, anche se sarebbe più corretta l’espressione “Olocausto irlandese”.

Le notizie che riportiamo sono tratte dal capitolo quarto, intitolato appunto AN GORTA MOR del libro “Luci che illuminano le tenebre”, edito nel 2012 e che riprende in 36 capitoli (36 Targhe) i genocidi storici stravolti o taciuti dai vincitori e che ancora oggi sono relegati nel dimenticatoio della Storia e non lasciano traccia nei libri di scuola.
Per chi fosse interessato il libro è stato totalmente rivisto ed i volenterosi che lo avevano pubblicato si sono costituiti in associazione di volontariato con il nome IL GIARDINO DEL DIALOGO.
Si sta preparando un nuovo sito internet ed il volume, rivisto ed aggiornato, con un capitolo relativo alla sacralità della vita, sarà a breve reperibile sul web e di questo vi terremo informati.
Venendo ai tragici fatti irlandesi, che hanno segnato profondamente la vita dell'intera isola, è bene iniziare con la sottolineatura che di quello che diremo non c'è traccia nei libri di storia.
Dal 1845 al 1850 un fungo colpì le patate in tutta l'Irlanda, causando da 1 a 2 milioni di morti ed almeno altrettanti emigrati. Non fu solamente una calamità: fu un genocidio. Il detto popolare, infatti recita: “la natura provocò il virus delle patate, ma l'Inghilterra provocò la carestia”.
L'epidemia dei tuberi, che colpì anche altre zone d'Europa, in Irlanda si trasformò in un'arma di distruzione di massa per almeno 2 motivi:
  1. La situazione di partenza che vedeva i fittavoli irlandesi alla mercè di un limitato numero di proprietari terrieri “landlords” che avevano ricevuto in eredità i terreni espropriati dai loro antenati ai legittimi proprietari irlandesi;
  2. lo scarso impegno ed il voluto boicottaggio (per non dir di peggio) con cui gli inglesi affrontarono il problema che si intreccia con la lunga storia delle invasioni inglesi dell'isola, di cui la carestia è solo l'inevitabile conseguenza.

Facendo un po' di storia, nel 1536 il re inglese Enrico VIII lanciò una campagna militare per riconquistare l'isola visto che sull'intera Irlanda regnavano i re gaelici e l'Inghilterra aveva solo una piccola zona fortificata, a Dublino. La guerra, condotta con inaudita ferocia, durò 70 anni e venne conclusa sotto il regno di Elisabetta I, dopo di chè venne inaugurato un regime di apartheid dove i nativi irlandesi, ma anche i “vecchi inglesi”, di confessione cattolica, divennero sudditi di seconda categoria. A quel periodo risale anche la colonizzazione dell'Ulster, che dura ancora adesso, e l'inizio degli espropri terrieri dagli irlandesi ai nuovi proprietari inglesi. Se nel 1.600 il 96 % delle terre era di proprietà degli irlandesi, nel 1641 la percentuale di proprietà in mano ai cattolici (irlandesi e vecchi inglesi insieme) era già scesa al 60 %. Con Cromwell (inizi del 1.800) la percentuale crolla al 10 % e nel 1806 è addirittura al 4 %. Non solo la popolazione irlandese fu derubata, ma anche il quadro legislativo che regolava l'apartheid ridusse ulteriormente i diritti civili, politici ed economici dei cattolici d'Irlanda. I proprietari affittavano, a prezzi esorbitanti, i terreni ai contadini irlandesi e i frutti delle coltivazioni venivano esportate integralmente in Inghilterra. Ai contadini rimanevano solo le patate con cui potersi sfamare ed una malattia dei tuberi poteva diventare disastrosa. E l'epidemia arrivò!
Effetti della Peronospora sulla patata
A Settembre del 1845 il “Freeman's Journal” pubblicò la notizia della comparsa di “quello che è stato chiamato il colera delle patate”. Il microorganismo, causa dell'infezione era la peronospora, che all'epoca non si conosceva. Una macchia scura nella parte superiore ed una zona spugnosa in quella inferiore della patata era il segno dell'infezione che in poco tempo portava la patata a marcire ed a mandare un odore insopportabile. Le avvisaglie si erano già avute nel 1841 con infezioni sia negli Stati Uniti che nell'isola di Wight. L'epidemia non aveva, però, inciso in modo drammatico sulla popolazione ed il motivo era chiaro: i terreni non erano sfruttati con una monocultura e le popolazioni potevano disporre di altro cibo per sfamarsi. La lentezza del governo inglese inasprì da subito il problema. Inizialmente non si fece niente, se non istituire una commissione d'inchiesta che non approdò a nulla e, solo dopo molto tempo propose di isolare le coltivazioni colpite per non infettare le altre. In questo contesto sarebbe stato sufficiente limitare le esportazioni degli altri cereali verso l'Inghilterra e ci sarebbe stato cibo a sufficienza per sfamare tutti, variando anche il menù. In realtà questo non venne fatto e solo dopo un anno una apposita commissione, invece di far rimanere in Irlanda il grano e la carne prodotta, propose di comperare grano dagli Stati Uniti per distribuirlo a prezzi bassi inventandosi anche quelli che oggi chiameremmo “lavori socialmente utili”. La preoccupazione del governo inglese era di non rovinare i prezzi del mercato distribuendo cibo a prezzo popolare alla popolazione affamata anche se quasi nessuno aveva i soldi per poter comperare il cibo, che in realtà era reperibile solo al mercato nero. Ufficialmente furono organizzate anche raccolte di denaro per aiutare i contadini a rischio di morte per fame ed anche la Regina Vittoria contribui “generosamente” con ben 2.000 sterline, somma che ben presto si rivelo controproducente. Le notizie della carestia, infatti, si erano diffuse in tutto il mondo ed anche il sultano turco offrì 10.000 sterline per aiutare i contadini irlandesi. Su ordine della stessa regina, l'offerta venne però rifiutata perchè il sultano turco non poteva offrire più soldi di quanto aveva “regalato” la regina inglese, e neanche avvicinarsi alla sua donazione. Alla fine furono accettate 1.000 sterline. Dopo il rifiuto, il regnante turco equipaggiò 5 navi, le caricò di cibo e generi di prima necessità per inviarle in Irlanda. Le autorità inglesi, però, negarono lo sbarco nei porti di Dublino e Belfast. Le navi, però, con un colpo di mano scaricarono ugualmente, di notte nel porto secondario di Drogheda, lontano da occhi indiscreti. Solo a marzo del 1846, ad oltre 6 mesi dall'inizio dell'epidemia, venne effettuata la prima distribuzione di mais che sino a quel momento era rimasto bloccato nei silos del governo. La sommossa che ne seguì servì agli inglesi per bloccare altri aiuti che ripresero solo a fine maggio a seguito della continua escalation di casi di furti ed assalti ai magazzini stracolmi mentre la popolazione moriva di fame ed era a conoscenza dell'enorme quantitativo di generi alimentari che venivano esportate dall'Irlanda all'Inghilterra. Generi alimentari che erano prodotti, è bene ricordarlo di nuovo, dagli irlandesi in terre espropriate dagli inglesi ai veri proprietari irlandesi. Nel 1845, mentre la gente moriva di fame, vennero inviate in Gran Bretagna 257.000 pecore, 480.000 maiali e 186.000 bovini. L'anno seguente 4.000 navi lasciarono l'Irlanda per l'Inghilterra cariche di piselli, fagioli, conigli, salmone, miele, patate (si, anche patate), ecc. Il leader repubblicano John Mitchel ebbe a scrivere che gli irlandesi “morivano di fame in mezzo all'abbondanza che loro stessi avevano creato”. Un articolo del Cork examiner della fine del 1846, così descrive la situazione : “malattie e morte dappertutto. Persone un tempo robuste, trasformate in scheletri emaciati. Febbre, idropisia, dissenteria e carestia che dilagano violentemente in ogni lurido tugurio e spazzano via intere famiglie. Ogni campo diventa una tomba e la terra un deserto”. Alle sommosse per sopravvivere, l'unica risposta inglese era la repressione, anche sparando sulla folla ed attuando deportazioni in Australia.
Una famiglia muore di fame
durante la Grande Carestia 
L'uomo che fu l’emblema, oltre che di cattiva gestione dell'emergenza, anche delle scelte di morte da parte degli inglesi, fu il segretario britannico al tesoro, il baronetto Charles Trevelyan a cui erano stati delegati i pieni poteri per coordinare i soccorsi e risolvere la tragica situazione. Nel suo libro di memorie arrivò a scrivere che si può considerare la carestia “un meccanismo per ridurre la popolazione in eccesso”. Purtroppo si possono leggere anche altre agghiaccianti considerazioni: “il giudizio di Dio ha mandato la calamità per dare una lezione agli irlandesi e quella calamità non deve essere troppo mitigata …..... Il vero male che dobbiamo fronteggiare non è quello fisico della carestia, ma quello di carattere egoista, perverso e turbolento della gente”. Questo è l'uomo cui si affidò Londra per arginare la carestia irlandese. Solo dopo il 1847 (dopo due anni dall'inizio della carestia), furono lentamente avviati i programmi di lavori socialmente utili. Non pochi, anche fra coloro ammessi ai lavori, morirono di fame prima di poter finalmente ricevere la paga con cui sfamarsi. Nel corso del 1846 il segretario plenipotenziario si arrogò anche il diritto di respingere la nave americana Sorciere, che portava un carico umanitario e sospese ogni aiuto ed ogni distribuzione proprio all’inizio del 1847, che sarebbe stato l'anno più nero dall'inizio della carestia, perché, come il segretario delegato da Londra dichiarava, “la carestia era terminata”. I soldi degli aiuti vennero, invece, impiegati per inviare in Irlanda altri 2.000 militari ben pasciuti per sedare le sommosse scoppiate a causa dell'intensificarsi della fame mentre continuavano anche gli sfratti ai contadini che non riuscivano a pagare gli esosi affitti che i proprietari richiedevano.
Dopo oltre 2 anni dall'inizio della carestia, in realtà non si era fatto quasi nulla per mitigarne gli effetti e l'unica valvola di sfogo era diventata l'emigrazione. Navi stracolme lasciavano i porti dirette negli Stati Uniti, Canada, Australia, Galles e non pochi morivano prima di arrivare a destinazione. Intanto la fame dilagava sempre più ed i virus mortali si sviluppavano arrivando anche a Dublino e Belfast. Davanti a tale situazione il governo inglese fu costretto ad approvare una legge apposita, la “Soup Kitchen Act”che istituiva la distribuzione di “zuppe” ed altri cibi base tramite apposite cucine da campo, ma sopprimendo i lavori socialmente utili. Il divario di tempo tra l’immediata sospensione di tali lavori e l'avvio delle cucine da campo provocò altri morti. Quando le cucine furono finalmente operative se ne contarono 1.800 e tre milioni di irlandesi vi si recavano giornalmente per sfamarsi. Per la prima volta una misura del governo inglese era veramente efficace. Talmente efficace che a settembre venne revocata a fronte della solita previsione che i raccolti sarebbero stati nuovamente abbondanti. Tre milioni di persone che dipendevano dalle cucine da campo per sopravvivere si trovarono nuovamente senza cibo ed il 1847 divenne l'anno più nero di tutto il periodo di crisi. La mortalità, che nel 1845 era stata del 6,4 % era salita al 9,1 % nel 1846 ed al 18,5 % nel 1847. Anche negli anni seguenti si mantenne alta, pur non toccando i picchi del 1847. Nel 1848, infatti, fu del 15,4 % per salire ancora al 17,9 % nel 1849 e “limitarsi” al 12,2 nel 1850. L'abolizione della “Soup Kitchen Act”, cioè la legge delle cucine da campo, rappresentò il colpo di grazia per una popolazione stremata dalla fame e dalle malattie. Gli irlandesi furono lasciati a se stessi, senza aiuti, in balia delle malattie e chi non poteva emigrare aspettava la morte quasi come una liberazione.
National Memorial Famine a Murrisk.
Nave carica di cadaveri
Il capitolo “carestia” si ritiene chiuso nel 1850, anche se la peronospora scompare definitivamente solo nel 1852. Il numero dei morti non è facilmente calcolabile. Secondo il censimento britannico dal 1841 al 1851 la popolazione ufficialmente registrata calò da 8,2 milioni a circa 6,5 milioni. Un calo del 20 % contro una crescita di oltre l'1,6 % negli anni precedenti. Già questo dato dà una idea, pur non considerando l'incremento tra il 1841 ed il 1845, data di inizio della carestia. Secondo gli stessi storici inglesi, inoltre, i dati del censo britannico sono incompleti e parziali. Le loro valutazioni variano stimando le morti per fame da un minimo di 750.000 a 2 milioni, mentre le emigrazioni sono stimate tra 1,5 e 2 milioni (di cui il 75 % verso gli Stati Uniti). Molti di quelli imbarcati non arrivarono mai a destinazione. Su circa 100.000 diretti in Canada, almeno 20,000 (c'è chi stima in 40.000) morirono prima di sbarcare, tanto che le navi erano note come “navi-bara”. C'è chi, cercando di minimizzare, limita le responsabilità degli inglesi alla sola inefficienza ed incompetenza. Molti altri parlano apertamente di genocidio giocato sui mancati aiuti e sul perpetuare le condizioni di totale dipendenza dal raccolto di patate senza lasciare agli irlandesi le altre coltivazioni, continuando inoltre ad inasprire le barbare leggi penali che eliminarono anche l'ultima parvenza di libertà individuale. Alcuni, pur parlando di genocidio, lo limitano a pochi responsabili governativi e non all'intero governo. Lo stato americano del New Jersey inserì la grande carestia irlandese nella lista degli “olocausti e genocidi” ed il giornalista americano John Waters la definì ”un atto di genocidio guidato dal razzismo e giustificato dall'ideologia”. La tesi ricorrente, infatti, è che le autorità inglesi sfruttarono la carestia per attuare cinicamente una pulizia etnica ed opprimere ancora di più il già prostrato e tartassato popolo irlandese. Persino il Times ospitò articoli di stile nazista ante litteram per sostenere l'inferiorità etnica degli irlandesi e ne pronosticava una prossima estinzione tanto da prevedere con compiacimento, nel 1848, che “un celta sulle rive dello Shannon sarà presto cosa rara come oggi lo è un pellerossa a Manhattan”. Lo scrittore illuminista scozzese Thomas Carlyle paragonò l’Irlanda ad un topo denutrito che attraversa la strada ad un elefante. La riflessione di Carlyle era: “Cosa deve fare l’elefante? Spiaccicarlo!
Diversi aiuti giunsero comunque nell’isola mentre gli irlandesi morivano di fame. La Chiesa cattolica e direttamente Pio IX si mossero per aiutarli. Aiuti arrivarono dagli irlandesi di Calcutta. Persino dai Quaccheri che offrirono l’assistenza gratuita di cui il governo inglese non voleva neanche sentire parlare. Alcuni protestati offrirono pure il loro aiuto, ma vincolato all’abbandono della Chiesa cattolica ed il passaggio a quella anglicana. Particolarmente significativo fu il versamento di 710 dollari da parte degli indiani Choctaw a favore degli irlandesi. Gli stessi indiani che 16 anni prima erano stati costretti dal Presidente USA al cosiddetto “trial of tear”, viaggio delle lacrime. Una deportazione forzata che aveva decimato la loro popolazione. Questa donazione, piccola come importo, ma immensa come significato, è stata giudicata la più significativa di tutta la catena di solidarietà di tutto il periodo di carestia e di fame.
Chi ha ricordato questi fatti, avvenuti solo 60 anni prima dell’istituzione dell’orfanotrofio per aiutare e soccorrere le ragazze madri, nel divulgare la notizia degli 800 corpicini ritrovati sepolti nel cortile ? Chi li ha ricordati per rammentare che se anche l’apice della morte per fame era alle spalle la realtà della miseria e dell’oppressione del popolo irlandese era tuttora presente e l’apartheid e lo sfruttamento era praticato come norma. Bambini morti per malattie varie generate dalla miseria e dalle condizioni di vita inumane, nonostante le amorevoli cure delle suore che avevano accolto le madri ed i loro bambini. La mortalità infantile, la povertà, la mancanza di antibiotici, cento altre cause hanno vinto anche l’amore con cui le suore si prodigavano per allevarli. Alla base di tutto l’odio e la presunta superiorità inglese che utilizzava la povertà come arma di sterminio di massa verso e contro il popolo irlandese.
Chi ha diffuso erroneamente la falsa notizia dell’orfanotrofio degli orrori ha, almeno, chiesto scusa dell’errore.
Chi l’aveva ripreso in modo acritico non ha nemmeno diffuso la smentita con la stessa evidenza, anzi, non l’ha diffusa affatto.
Così come non riprenderanno ne commenteranno queste notizie, da cui derivano le vere cause della morte di quegli angioletti, e di moltissimi altri, che sono ritornati prematuramente al Padre mentre continua e si amplifica lo sciacallaggio di tutte le falsità inventate contro la Chiesa cattolica.

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