![]() |
| Lapide in ricordo dei morti della Grande Carestia irlandese |
La rettifica e
le scuse per aver pubblicato una bufala che più bufala non si può, sono state trasmesse solo da qualche emittente e nessun telegiornale ne ha parlato. Per gli approfondimenti o, molto più semplicemente, per accostarsi alla verità si può solo controllare in uno qualsiasi dei siti cattolici seri del web: TEMPI (vedi qui), CAMPARI & DEMAISTRE (vedi qui), INTELLOGONEWS (vedi qui), NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA (vedi qui)
le scuse per aver pubblicato una bufala che più bufala non si può, sono state trasmesse solo da qualche emittente e nessun telegiornale ne ha parlato. Per gli approfondimenti o, molto più semplicemente, per accostarsi alla verità si può solo controllare in uno qualsiasi dei siti cattolici seri del web: TEMPI (vedi qui), CAMPARI & DEMAISTRE (vedi qui), INTELLOGONEWS (vedi qui), NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA (vedi qui)
Se
qualcuno si fosse perso la versione “originale” (tenendo anche
conto che in questo caso non vale il detto che “una notizia
inventata è una notizia in esclusiva”), ci limitiamo a segnalare il
Corrierone : (vedi
qui)
Visto
che il corrierone nazionale apre il servizio proprio ricordando
“l’omertà che
ha circondato per decenni la Chiesa Cattolica”,
non è male inquadrare bene il periodo storico. Non per comprendere le cause dell’omertà del corriere
della sera, quella è palese ed insondabile nello stesso tempo, ma
per comprendere le cause della miseria indotta nella intera Irlanda e
riportare alla memoria quanto è stato ed è tuttora taciuto: Il
genocidio degli irlandesi ad opera degli inglesi.
Quella che viene
chiamata “La grande carestia”, in inglese "Great Famine", in
irlandese “An Gorta Mòr”, anche se sarebbe più corretta
l’espressione “Olocausto irlandese”.
Le notizie che
riportiamo sono tratte dal capitolo quarto, intitolato appunto AN
GORTA MOR del libro “Luci che illuminano le tenebre”,
edito nel 2012 e che riprende in 36 capitoli (36 Targhe) i genocidi
storici stravolti o taciuti dai vincitori e che ancora oggi sono
relegati nel dimenticatoio della Storia e non lasciano traccia nei
libri di scuola.
Per chi fosse
interessato il libro è stato totalmente rivisto ed i volenterosi che
lo avevano pubblicato si sono costituiti in associazione di
volontariato con il nome IL GIARDINO DEL DIALOGO.
Si sta preparando un
nuovo sito internet ed il volume, rivisto ed aggiornato, con un
capitolo relativo alla sacralità della vita, sarà a breve
reperibile sul web e di questo vi terremo informati.
Venendo ai tragici
fatti irlandesi, che hanno segnato profondamente la vita dell'intera
isola, è bene iniziare con la sottolineatura che di quello che
diremo non c'è traccia nei libri di storia.
Dal 1845 al 1850 un
fungo colpì le patate in tutta l'Irlanda, causando da 1 a 2 milioni
di morti ed almeno altrettanti emigrati. Non fu solamente una
calamità: fu un genocidio. Il detto popolare, infatti
recita: “la natura provocò il virus delle patate, ma
l'Inghilterra provocò la carestia”.
L'epidemia dei
tuberi, che colpì anche altre zone d'Europa, in Irlanda si trasformò
in un'arma di distruzione di massa per almeno 2 motivi:
-
La situazione di partenza che vedeva i fittavoli irlandesi alla mercè di un limitato numero di proprietari terrieri “landlords” che avevano ricevuto in eredità i terreni espropriati dai loro antenati ai legittimi proprietari irlandesi;
-
lo scarso impegno ed il voluto boicottaggio (per non dir di peggio) con cui gli inglesi affrontarono il problema che si intreccia con la lunga storia delle invasioni inglesi dell'isola, di cui la carestia è solo l'inevitabile conseguenza.
Facendo un po' di
storia, nel 1536 il re inglese Enrico VIII lanciò una campagna
militare per riconquistare l'isola visto che sull'intera Irlanda
regnavano i re gaelici e l'Inghilterra aveva solo una piccola zona
fortificata, a Dublino. La guerra, condotta con inaudita ferocia,
durò 70 anni e venne conclusa sotto il regno di Elisabetta I, dopo
di chè venne inaugurato un regime di apartheid dove i nativi
irlandesi, ma anche i “vecchi inglesi”, di confessione
cattolica, divennero sudditi di seconda categoria. A quel periodo
risale anche la colonizzazione dell'Ulster, che dura ancora adesso, e
l'inizio degli espropri terrieri dagli irlandesi ai nuovi proprietari
inglesi. Se nel 1.600 il 96 % delle terre era di proprietà degli
irlandesi, nel 1641 la percentuale di proprietà in mano ai cattolici
(irlandesi e vecchi inglesi insieme) era già scesa al 60 %. Con
Cromwell (inizi del 1.800) la percentuale crolla al 10 % e nel 1806 è
addirittura al 4 %. Non solo la popolazione irlandese fu derubata, ma
anche il quadro legislativo che regolava l'apartheid ridusse
ulteriormente i diritti civili, politici ed economici dei cattolici
d'Irlanda. I proprietari affittavano, a prezzi esorbitanti, i terreni
ai contadini irlandesi e i frutti delle coltivazioni venivano
esportate integralmente in Inghilterra. Ai contadini rimanevano solo
le patate con cui potersi sfamare ed una malattia dei tuberi poteva
diventare disastrosa. E l'epidemia arrivò!
![]() |
| Effetti della Peronospora sulla patata |
A Settembre del 1845
il “Freeman's Journal” pubblicò la notizia della comparsa di
“quello che è stato chiamato il colera delle patate”. Il
microorganismo, causa dell'infezione era la peronospora, che
all'epoca non si conosceva. Una macchia scura nella parte superiore
ed una zona spugnosa in quella inferiore della patata era il segno
dell'infezione che in poco tempo portava la patata a marcire ed a
mandare un odore insopportabile. Le avvisaglie si erano già avute
nel 1841 con infezioni sia negli Stati Uniti che nell'isola di Wight.
L'epidemia non aveva, però, inciso in modo drammatico sulla
popolazione ed il motivo era chiaro: i terreni non erano sfruttati
con una monocultura e le popolazioni potevano disporre di altro cibo
per sfamarsi. La lentezza del governo inglese inasprì da subito il
problema. Inizialmente non si fece niente, se non istituire una
commissione d'inchiesta che non approdò a nulla e, solo dopo molto
tempo propose di isolare le coltivazioni colpite per non infettare le
altre. In questo contesto sarebbe stato sufficiente limitare le
esportazioni degli altri cereali verso l'Inghilterra e ci sarebbe
stato cibo a sufficienza per sfamare tutti, variando anche il menù.
In realtà questo non venne fatto e solo dopo un anno una apposita
commissione, invece di far rimanere in Irlanda il grano e la carne
prodotta, propose di comperare grano dagli Stati Uniti per
distribuirlo a prezzi bassi inventandosi anche quelli che oggi
chiameremmo “lavori socialmente utili”. La preoccupazione del
governo inglese era di non rovinare i prezzi del mercato distribuendo
cibo a prezzo popolare alla popolazione affamata anche se quasi
nessuno aveva i soldi per poter comperare il cibo, che in realtà era
reperibile solo al mercato nero. Ufficialmente furono organizzate
anche raccolte di denaro per aiutare i contadini a rischio di morte
per fame ed anche la Regina Vittoria contribui “generosamente”
con ben 2.000 sterline, somma che ben presto si rivelo
controproducente. Le notizie della carestia, infatti, si erano
diffuse in tutto il mondo ed anche il sultano turco offrì 10.000
sterline per aiutare i contadini irlandesi. Su ordine della stessa
regina, l'offerta venne però rifiutata perchè il sultano turco non
poteva offrire più soldi di quanto aveva “regalato” la
regina inglese, e neanche avvicinarsi alla sua donazione. Alla fine
furono accettate 1.000 sterline. Dopo il rifiuto, il regnante turco
equipaggiò 5 navi, le caricò di cibo e generi di prima necessità
per inviarle in Irlanda. Le autorità inglesi, però, negarono lo
sbarco nei porti di Dublino e Belfast. Le navi, però, con un colpo
di mano scaricarono ugualmente, di notte nel porto secondario di
Drogheda, lontano da occhi indiscreti. Solo a marzo del 1846, ad
oltre 6 mesi dall'inizio dell'epidemia, venne effettuata la prima
distribuzione di mais che sino a quel momento era rimasto bloccato
nei silos del governo. La sommossa che ne seguì servì agli inglesi
per bloccare altri aiuti che ripresero solo a fine maggio a seguito
della continua escalation di casi di furti ed assalti ai magazzini
stracolmi mentre la popolazione moriva di fame ed era a conoscenza
dell'enorme quantitativo di generi alimentari che venivano esportate
dall'Irlanda all'Inghilterra. Generi alimentari che erano prodotti, è
bene ricordarlo di nuovo, dagli irlandesi in terre espropriate dagli
inglesi ai veri proprietari irlandesi. Nel 1845, mentre la gente
moriva di fame, vennero inviate in Gran Bretagna 257.000 pecore,
480.000 maiali e 186.000 bovini. L'anno seguente 4.000 navi
lasciarono l'Irlanda per l'Inghilterra cariche di piselli, fagioli,
conigli, salmone, miele, patate (si, anche patate), ecc. Il leader
repubblicano John Mitchel ebbe a scrivere che gli irlandesi “morivano
di fame in mezzo all'abbondanza che loro stessi avevano creato”.
Un articolo del Cork examiner della fine del 1846, così descrive la
situazione : “malattie e morte dappertutto. Persone
un tempo robuste, trasformate in scheletri emaciati. Febbre,
idropisia, dissenteria e carestia che dilagano violentemente in ogni
lurido tugurio e spazzano via intere famiglie. Ogni campo diventa una
tomba e la terra un deserto”. Alle sommosse per sopravvivere,
l'unica risposta inglese era la repressione, anche sparando sulla
folla ed attuando deportazioni in Australia.
![]() |
| Una famiglia muore di fame durante la Grande Carestia |
L'uomo che fu
l’emblema, oltre che di cattiva gestione dell'emergenza, anche
delle scelte di morte da parte degli inglesi, fu il segretario
britannico al tesoro, il baronetto Charles Trevelyan a cui erano
stati delegati i pieni poteri per coordinare i soccorsi e risolvere
la tragica situazione. Nel suo libro di memorie arrivò a scrivere
che si può considerare la carestia “un meccanismo per ridurre
la popolazione in eccesso”. Purtroppo si possono leggere anche
altre agghiaccianti considerazioni: “il giudizio di Dio ha
mandato la calamità per dare una lezione agli irlandesi e quella
calamità non deve essere troppo mitigata …..... Il vero male che
dobbiamo fronteggiare non è quello fisico della carestia, ma quello
di carattere egoista, perverso e turbolento della gente”.
Questo è l'uomo cui si affidò Londra per arginare la carestia
irlandese. Solo dopo il 1847 (dopo due anni dall'inizio della
carestia), furono lentamente avviati i programmi di lavori
socialmente utili. Non pochi, anche fra coloro ammessi ai lavori,
morirono di fame prima di poter finalmente ricevere la paga con cui
sfamarsi. Nel corso del 1846 il segretario plenipotenziario si arrogò
anche il diritto di respingere la nave americana Sorciere, che
portava un carico umanitario e sospese ogni aiuto ed ogni
distribuzione proprio all’inizio del 1847, che sarebbe stato l'anno
più nero dall'inizio della carestia, perché, come il segretario
delegato da Londra dichiarava, “la carestia era terminata”.
I soldi degli aiuti vennero, invece, impiegati per inviare in Irlanda
altri 2.000 militari ben pasciuti per sedare le sommosse scoppiate a
causa dell'intensificarsi della fame mentre continuavano anche gli
sfratti ai contadini che non riuscivano a pagare gli esosi affitti
che i proprietari richiedevano.
Dopo oltre 2 anni
dall'inizio della carestia, in realtà non si era fatto quasi nulla
per mitigarne gli effetti e l'unica valvola di sfogo era diventata
l'emigrazione. Navi stracolme lasciavano i porti dirette negli Stati
Uniti, Canada, Australia, Galles e non pochi morivano prima di
arrivare a destinazione. Intanto la fame dilagava sempre più ed i
virus mortali si sviluppavano arrivando anche a Dublino e Belfast.
Davanti a tale situazione il governo inglese fu costretto ad
approvare una legge apposita, la “Soup Kitchen Act”che
istituiva la distribuzione di “zuppe” ed altri cibi base tramite
apposite cucine da campo, ma sopprimendo i lavori socialmente utili.
Il divario di tempo tra l’immediata sospensione di tali lavori e
l'avvio delle cucine da campo provocò altri morti. Quando le cucine
furono finalmente operative se ne contarono 1.800 e tre milioni di
irlandesi vi si recavano giornalmente per sfamarsi. Per la prima
volta una misura del governo inglese era veramente efficace. Talmente
efficace che a settembre venne revocata a fronte della solita
previsione che i raccolti sarebbero stati nuovamente abbondanti. Tre
milioni di persone che dipendevano dalle cucine da campo per
sopravvivere si trovarono nuovamente senza cibo ed il 1847 divenne
l'anno più nero di tutto il periodo di crisi. La mortalità, che nel
1845 era stata del 6,4 % era salita al 9,1 % nel 1846 ed al 18,5 %
nel 1847. Anche negli anni seguenti si mantenne alta, pur non
toccando i picchi del 1847. Nel 1848, infatti, fu del 15,4 % per
salire ancora al 17,9 % nel 1849 e “limitarsi” al 12,2
nel 1850. L'abolizione della “Soup Kitchen Act”, cioè la
legge delle cucine da campo, rappresentò il colpo di grazia per una
popolazione stremata dalla fame e dalle malattie. Gli irlandesi
furono lasciati a se stessi, senza aiuti, in balia delle malattie e
chi non poteva emigrare aspettava la morte quasi come una
liberazione.
![]() |
| National Memorial Famine a Murrisk. Nave carica di cadaveri |
Il capitolo
“carestia” si ritiene chiuso nel 1850, anche se la
peronospora scompare definitivamente solo nel 1852. Il numero dei
morti non è facilmente calcolabile. Secondo il censimento britannico
dal 1841 al 1851 la popolazione ufficialmente registrata calò da 8,2 milioni a circa 6,5 milioni. Un calo del 20 % contro una crescita di oltre l'1,6 % negli anni precedenti. Già questo dato dà una idea, pur non
considerando l'incremento tra il 1841 ed il 1845, data di inizio
della carestia. Secondo gli stessi storici inglesi, inoltre, i dati
del censo britannico sono incompleti e parziali. Le loro valutazioni
variano stimando le morti per fame da un minimo di 750.000 a 2
milioni, mentre le emigrazioni sono stimate tra 1,5 e 2 milioni (di
cui il 75 % verso gli Stati Uniti). Molti di quelli imbarcati non
arrivarono mai a destinazione. Su circa 100.000 diretti in Canada,
almeno 20,000 (c'è chi stima in 40.000) morirono prima di sbarcare,
tanto che le navi erano note come “navi-bara”. C'è chi,
cercando di minimizzare, limita le responsabilità degli inglesi alla
sola inefficienza ed incompetenza. Molti altri parlano apertamente di
genocidio giocato sui mancati aiuti e sul perpetuare le condizioni di
totale dipendenza dal raccolto di patate senza lasciare agli
irlandesi le altre coltivazioni, continuando inoltre ad inasprire le
barbare leggi penali che eliminarono anche l'ultima parvenza di
libertà individuale. Alcuni, pur parlando di genocidio, lo limitano
a pochi responsabili governativi e non all'intero governo. Lo stato
americano del New Jersey inserì la grande carestia irlandese nella
lista degli “olocausti e genocidi” ed il giornalista
americano John Waters la definì ”un atto di genocidio guidato
dal razzismo e giustificato dall'ideologia”. La tesi
ricorrente, infatti, è che le autorità inglesi sfruttarono la
carestia per attuare cinicamente una pulizia etnica ed opprimere
ancora di più il già prostrato e tartassato popolo irlandese.
Persino il Times ospitò articoli di stile nazista ante litteram per
sostenere l'inferiorità etnica degli irlandesi e ne pronosticava una
prossima estinzione tanto da prevedere con compiacimento, nel 1848,
che “un celta sulle rive dello Shannon sarà presto cosa rara
come oggi lo è un pellerossa a Manhattan”. Lo scrittore
illuminista scozzese Thomas Carlyle paragonò l’Irlanda ad un topo
denutrito che attraversa la strada ad un elefante. La riflessione di
Carlyle era: “Cosa deve fare l’elefante? Spiaccicarlo!”
Diversi aiuti
giunsero comunque nell’isola mentre gli irlandesi morivano di fame.
La Chiesa cattolica e direttamente Pio IX si mossero per aiutarli.
Aiuti arrivarono dagli irlandesi di Calcutta. Persino dai Quaccheri
che offrirono l’assistenza gratuita di cui il governo inglese non
voleva neanche sentire parlare. Alcuni protestati offrirono pure il
loro aiuto, ma vincolato all’abbandono della Chiesa cattolica ed il
passaggio a quella anglicana. Particolarmente significativo fu il
versamento di 710 dollari da parte degli indiani Choctaw a favore
degli irlandesi. Gli stessi indiani che 16 anni prima erano stati
costretti dal Presidente USA al cosiddetto “trial of tear”,
viaggio delle lacrime. Una deportazione forzata che aveva decimato
la loro popolazione. Questa donazione, piccola come importo, ma
immensa come significato, è stata giudicata la più significativa di
tutta la catena di solidarietà di tutto il periodo di carestia e di
fame.
Chi ha ricordato
questi fatti, avvenuti solo 60 anni prima dell’istituzione
dell’orfanotrofio per aiutare e soccorrere le ragazze madri, nel
divulgare la notizia degli 800 corpicini ritrovati sepolti nel
cortile ? Chi li ha ricordati per rammentare che se anche l’apice
della morte per fame era alle spalle la realtà della miseria e
dell’oppressione del popolo irlandese era tuttora presente e
l’apartheid e lo sfruttamento era praticato come norma. Bambini
morti per malattie varie generate dalla miseria e dalle condizioni di
vita inumane, nonostante le amorevoli cure delle suore che avevano
accolto le madri ed i loro bambini. La mortalità infantile, la
povertà, la mancanza di antibiotici, cento altre cause hanno vinto
anche l’amore con cui le suore si prodigavano per allevarli. Alla
base di tutto l’odio e la presunta superiorità inglese che
utilizzava la povertà come arma di sterminio di massa verso e contro
il popolo irlandese.
Chi ha diffuso
erroneamente la falsa notizia dell’orfanotrofio degli orrori ha,
almeno, chiesto scusa dell’errore.
Chi l’aveva ripreso in modo acritico non ha nemmeno diffuso la smentita con la stessa evidenza, anzi, non l’ha diffusa affatto.
Così come non
riprenderanno ne commenteranno queste notizie, da cui derivano le vere cause della
morte di quegli angioletti, e di moltissimi altri, che sono ritornati
prematuramente al Padre mentre continua e si amplifica lo sciacallaggio di tutte le falsità inventate contro la Chiesa cattolica.Chi l’aveva ripreso in modo acritico non ha nemmeno diffuso la smentita con la stessa evidenza, anzi, non l’ha diffusa affatto.




Nessun commento:
Posta un commento
I commenti sono consentiti a tutti purchè si attengano al contenuto del post e non abbiano riferimenti contrari alla normale discussione, al normale vivere civile, o abbiano contenuti offensivi, discriminatori, razzisti o antireligiosi. In questi casi, a discrezione dell'amministratore, i commenti saranno censurati o non pubblicati.