domenica 17 maggio 2015

IL VERO E IL FALSO CONCILIO VATICANO II

IL VERO E IL FALSO CONCILIO VATICANO II

Ho aperto questo blog da 4 giorni.
L’ho aperto perché ho pensato di avere diverse cose da dire per condurre la “buona battaglia” per la verità della Fede.
Non ho mai aperto blog e capisco quasi nulla di computer, web, ecc.
Ho impiegato 3 giorni a capire come entrare nel blog, fare la testata, scegliere i colori, l’aspetto del blog, ecc.
Alla fine ci sono riuscito, oggi, anche se con risultati non eccellenti.
Delle tante cose che volevo inserire nel blog appena operativo, mi sembrava che nessuna fosse tanto importante da essere la prima.
Nei giorni scorsi ero stato in pellegrinaggio a Lourdes ed ho registrato il video di una conferenza del Cardinale Burke.
Mi sono detto che, intanto che decidevo cosa inserire, delle molte cose da far conoscere ai fratelli che leggeranno, vedranno o ascolteranno, potevo iniziare ad inserire il video della conferenza.
Però mi sembrava troppo importante e, essendo in lingua francese, pensavo che sarebbe stato molto meglio fare una traduzione ed inserire il video con i sottotitoli in italiano.
Stasera, invece, mentre stavo per riordinare i documenti dove avevo stilato delle bozze delle cose più importanti con cui aprire il blog, mi è capitato sotto gli occhi un articolo di Sandro Magister del 15 febbraio 2013 : “LA GUERRA DEI DUE CONCILI: IL VERO E IL FALSO”.

E’ l’articolo di Magister, che potete trovare su www.chiesa.espressonline.it (e che riporto integralmente in calce a queste mie righe), a commento del discorso d’addio di S.S. Benedetto XVI ai preti di Roma del giorno prima, con un potente atto d’accusa sull’interpretazione data dai media al Concilio Vaticano II e su come, da questa interpretazione, la Chiesa abbia navigato nel mare periglioso della mondanità sino ad oggi.
Ho avuto quasi una folgorazione.
In sostanza era il discorso che volevo impostare io, certo con molto meno ingegno e con un nulla di sapienza rispetto a Benedetto XVI, che ha detto le cose che potete leggere non solo dall’alto della cattedra di Pietro, non solo attingendo alla sua sapienza teologica, ma anche per aver vissuto in prima persona, come racconta in modo impressionante, le vicende di cui parla e che poi ha vissuto anche nel prosieguo nella Congregazione per la Dottrina della Fede ed infine quale Sommo Pontefice.
La Chiesa, corpo mistico di Cristo, non può sbandare.
Quando San Giovanni XXIII convocò il Concilio Vaticano II, la Chiesa aveva la necessità di rinnovarsi.
Il modernismo avanzava, con le mode passeggere ma travolgenti, con le libertà che in molti casi sfociano nell’anarchismo, con l’Io al centro dell’universo e messo al posto di Dio.
Una Chiesa che continuava nella testimonianza della Verità, limitandosi a conservare i suoi tesori, non era più adatta a dare risposte concrete agli uomini-dei che, forti del sapere tecnologico che sempre più sostituiva la ricerca della vera via della Verità, la ricercavano nelle cose, invece che in se stessi.
Non era una nuova “tattica” che andava ricercata, ma “deporre tutto ciò che è soltanto tattica e cercare la piena sincerità, che non trascura ne reprime alcunchè della verità del nostro oggi, ma realizza la fede pienamente nell’oggi vivendola, appunto, totalmente nella sobrietà dell’oggi, portandola alla sua piena identità, togliendo da essa ciò che solo apparentemente è fede, ma in verità sono convenzioni ed abitudini “(1).
La domanda di vero rinnovamento nella tradizione, quindi, era corretta.
Se la Chiesa fosse andata avanti senza affrontare le questioni che le si ponevano davanti non avrebbe fatto la giusta scelta.
Lo Spirito Santo, anche in questo caso, ha illuminato e guidato San Giovanni XXIII sulla giusta rotta per indirizzare la barca di Pietro.
Sono state le risposte ad essere poco corrette, si può dire dopo sei decenni di applicazioni dei documenti conciliari.
Invece non è così e quando il Santo Padre ha parlato di “ermeneutica della continuità invece dell’ermeneutica della rottura”, ha centrato ancora una volta il problema.
I padri conciliari, pur con tutte le diversità e gli scontri intestini che i differenti punti di vista inevitabilmente portano, hanno saputo illuminare la strada del terzo millennio ad una Chiesa che ne aveva necessità.
Basta leggere i documenti e le costituzioni dogmatiche del Concilio stesso, anche se pastorale e non dottrinale, per rendersene conto.
Ma quanti li hanno letti veramente ?
I padri conciliari sono stati veramente, ancora una volta, illuminati dallo Spirito Santo.
Quello, però, che è stato conosciuto è stato il Concilio che i media ci hanno proposto, e molte volte imposto, trascinando in questo travisamento anche molti uomini di Chiesa, tanto da far pronunciare al beato Paolo VI la famosa frase del fumo di satana che è entrato nella casa di Dio. Sappiamo come questo Concilio dei media fosse accessibile a tutti. Quindi, questo era quello dominante, più efficiente, ed ha creato tante calamità, tanti problemi, realmente tante miserie: seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata… E il vero Concilio ha avuto difficoltà a concretizzarsi, a realizzarsi; il Concilio virtuale era più forte del Concilio reale” (2).
Ecco, i miei sforzi, e di quanti mi vorranno essere vicini nei modi che riterranno opportuni, per i quali li ringrazio fin da adesso, andranno tutti in questa direzione. Nella ricerca e nella esposizione della verità.
Com’è, non come i media vorrebbero che fosse.
Ricerca della verità nel campo dottrinale (fin dove mi potrò spingere con le mie piccole conoscenze), etico, storico, letterario e culturale.
Prego la Santa Madre che mi dia la possibilità di smuovere qualche sassolino dalla granitica costruzione dei falsi idoli che il modernismo ha costruito.
Tanti sassolini smossi da ognuno di noi, ogni giorno, porteranno alla fine al crollo delle falsità ed alla riscoperta della Verità di Cristo.
Spero di non cadere nell’errore di pensare che i falsi idoli siano dei colossi con i piedi d’argilla.
Il nemico è potente, ma la perseveranza e l’aiuto materno della Madre celeste saranno ottimi contributi per condurre la buona battaglia cui dedico questo blog.
Grazie a quanti mi affiancheranno con aiuti concreti e con le preghiere che sempre servono e spianano la strada per centrare obiettivi altrimenti irraggiungibili.
Enzo Fedele
(1) Benedetto XVI – incontro con cattolici impegnati nella Chiesa e nella società nel Konzerthaus di Freiburg in Breisgau, del 25.09.2011
(2) Benedetto XVI – incontro con i presbiteri della diocesi di Roma per il commiato del 14 febbraio 2013
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La guerra dei due Concili: il vero e il falso
Nel discorso d’addio ai preti di Roma, l’impressionante atto d’accusa di Benedetto XVI contro l’interpretazione politica del Vaticano II fatta dai media, durante l’assise e dopo

di Sandro Magister

ROMA, 15 febbraio 2013 – Ai preti della sua diocesi, che ha incontrato ieri per l’ultima volta prima del distacco, Benedetto XVI ha voluto consegnare “una piccola chiacchierata sul Concilio Vaticano II, come io l’ho visto”.
In realtà la “piccola chiacchierata” si è prolungata per quasi 40 minuti, con l’uditorio sempre attentissimo.
Joseph Ratzinger ha parlato a braccio, senza mai gettare lo sguardo su degli appunti.
Ha proceduto per grandi capitoli, ciascuno dedicato alle maggiori questioni affrontate l’una dopo l’altra dal Concilio: la liturgia, la Chiesa, la rivelazione, l’ecumenismo, la libertà religiosa, il rapporto con l’ebraismo e le altre religioni.
Per ciascuno di questi temi ha detto la posta in gioco e ha raccontato come i padri conciliari vi si sono confrontati. Con passaggi di grande interesse sulla liturgia, sul concetto di Popolo di Dio e sul rapporto tra Scrittura e Tradizione.
Ma a tutto ha aggiunto una premessa e un finale che hanno particolarmente impressionato i presenti.
LA PREMESSA
Benedetto XVI ha cominciato con un aneddoto, raccontando di quando il cardinale Frings aveva invitato lui, giovane teologo, a scrivergli la traccia di una conferenza che avrebbe dovuto pronunciare a Genova, su richiesta del cardinale Siri, sul tema “Il Concilio e il pensiero moderno”.
La traccia piacque al cardinale, che la lesse tale quale il giovane Ratzinger gliel’aveva scritta. Ma il bello venne dopo:
“Poco dopo papa Giovanni chiamò Frings, e lui era pieno di timore di aver detto forse qualcosa di non corretto, di falso, e che era stato interpellato per un rimprovero, forse anche per togliergli la porpora… Sì, quando il suo segretario lo stava vestendo per l’udienza dal papa disse: ‘Forse adesso porto per l’ultima volta questa roba’. Poi entrò. Papa Giovanni gli andò incontro, lo abbracciò e disse: ‘Grazie, eminenza, lei ha detto le cose che io volevo dire, ma non avevo trovato le parole’. Così, il cardinale seppe di essere sulla strada giusta, e mi invitò ad andare con lui al Concilio, prima come suo esperto personale, e poi anche come perito ufficiale”.
Benedetto XVI ha quindi così proseguito:
“Andammo al Concilio non solo con gioia, ma con entusiasmo. Era un’aspettativa incredibile. Speravamo che tutto si rinnovasse, che venisse una nuova Pentecoste, una nuova era della Chiesa, perché la Chiesa era ancora abbastanza robusta, in quel tempo, ma sembrava più una realtà del passato che del futuro. E allora speravamo che ciò cambiasse, che la Chiesa fosse di nuovo forza del domani e forza dell’oggi”.
Il modello negativo – ha ricordato il papa – era considerato il Sinodo romano, “dove si si dice che avrebbero letto in aula dei testi già preparati, che i membri del Sinodo avrebbero semplicemente approvato”. Nel Concilio i vescovi non vollero fare così, in quanto loro stessi ne erano i soggetti, e “il primo momento nel quale questo atteggiamento si mostrò, fu subito il primo giorno”.
Erano state previste, per questo primo giorno, le elezioni delle commissioni, su liste compilate in precedenza. I padri rifiutarono, vollero prima conoscersi un po’, e poi preparare loro stessi delle nuove liste. Così accadde. E questo “non fu un atto rivoluzionario, ma un atto di coscienza, di responsabilità da parte dei padri conciliari”.
Così – ha ricordato il papa – cominciò una forte attività di conoscenza reciproca. E questo diventò usuale per tutto il periodo del Concilio. “In questo modo ha potuto conoscere grandi figure come i padri de Lubac, Daniélou, Congar. Era un’esperienza dell’universalità della Chiesa, che non riceve semplicemente imperativi dall’alto ma insieme cresce e va avanti, sempre sotto la guida, naturalmente, del successore di Pietro”.
Tra i vescovi di tutto il mondo, quelli che avevano intenzioni più definite in partenza erano gli episcopati francese, tedesco, belga, olandese, la così detta “Alleanza renana”. Nella prima parte del Concilio “furono così loro che indicavano la strada, ma poi si è velocemente allargata l’attività e tutti sempre di più hanno partecipato alla creatività dell’assise”.
IL FINALE
Nel finale della conversazione, Benedetto XVI ha invece sottoposto a critica il rapporto che si è instaurato tra il “vero Concilio” e il “Concilio dei media”, tra il Concilio reale e quello virtuale.
Qui è bene affidarsi alla trascrizione letterale e integrale delle sue parole:
“Vorrei adesso aggiungere ancora un punto: c’era il Concilio dei Padri – il vero Concilio –, ma c’era anche il Concilio dei media. Era quasi un Concilio a sé, e il mondo ha percepito il Concilio tramite questi, tramite i media.
“Quindi il Concilio immediatamente efficiente arrivato al popolo è stato quello dei media, non quello dei Padri. E mentre il Concilio dei Padri si realizzava all’interno della fede, ed era un Concilio della fede che cerca l’’intellectus’, che cerca di comprendersi e cerca di comprendere i segni di Dio in quel momento, che cerca di rispondere alla sfida di Dio in quel momento e di trovare nella Parola di Dio la parola per oggi e domani, mentre tutto il Concilio – come ho detto – si muoveva all’interno della fede, come ‘fides quaerens intellectum’, il Concilio dei giornalisti non si è realizzato, naturalmente, all’interno della fede, ma all’interno delle categorie dei media di oggi, cioè fuori dalla fede, con un’ermeneutica diversa.
“Era un’ermeneutica politica. Per i media, il Concilio era una lotta politica, una lotta di potere tra diverse correnti nella Chiesa. Era ovvio che i media prendessero posizione per quella parte che a loro appariva quella più confacente con il loro mondo. C’erano quelli che cercavano la decentralizzazione della Chiesa, il potere per i vescovi e poi, tramite la parola “popolo di Dio”, il potere del popolo, dei laici. C’era questa triplice questione: il potere del papa, poi trasferito al potere dei vescovi e al potere di tutti, sovranità popolare. Naturalmente, per loro era questa la parte da approvare, da promulgare, da favorire.
“E così anche per la liturgia: non interessava la liturgia come atto della fede, ma come una cosa dove si fanno cose comprensibili, una cosa di attività della comunità, una cosa profana. E sappiamo che c’era una tendenza, che si fondava anche storicamente, a dire: la sacralità è una cosa pagana, eventualmente anche dell’Antico Testamento, ma nel Nuovo vale solo che Cristo è morto fuori: cioè fuori dalle porte, cioè nel mondo profano. Sacralità quindi da terminare, profanità anche del culto: il culto non è culto, ma un atto dell’insieme, della partecipazione comune, e così anche partecipazione come attività.
“Queste traduzioni, banalizzazioni dell’idea del Concilio, sono state virulente nella prassi dell’applicazione della riforma liturgica; esse erano nate in una visione del Concilio al di fuori della sua propria chiave, della fede. E così, anche nella questione della Scrittura: la Scrittura è un libro, storico, da trattare storicamente e nient’altro, e così via.
“Sappiamo come questo Concilio dei media fosse accessibile a tutti. Quindi, questo era quello dominante, più efficiente, ed ha creato tante calamità, tanti problemi, realmente tante miserie: seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata… E il vero Concilio ha avuto difficoltà a concretizzarsi, a realizzarsi; il Concilio virtuale era più forte del Concilio reale.
“Ma la forza reale del Concilio era presente e, man mano, si realizza sempre più e diventa la vera forza che poi è anche vera riforma, vero rinnovamento della Chiesa. Mi sembra che, cinquant’anni dopo il Concilio, vediamo come questo Concilio virtuale si rompa, si perda, e appare il vero Concilio con tutta la sua forza spirituale. Ed è nostro compito, proprio in questo Anno della fede, cominciando da questo Anno della fede, lavorare perché il vero Concilio, con la sua forza dello Spirito Santo, si realizzi e sia realmente rinnovata la Chiesa. Speriamo che il Signore ci aiuti. Io, ritirato con la mia preghiera, sarò sempre con voi, e insieme andiamo avanti con il Signore. Nella certezza: vince il Signore!”.

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